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Area Riservata Farmacisti
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“The day after”: ho venduto la mia farmacia, e adesso?

“The day after”: ho venduto la mia farmacia, e adesso?

Decidere di vendere la propria farmacia è una scelta radicale, un salto nel vuoto, una scarica di adrenalina. Ma poi? Qui il racconto di chi ha vissuto il “dopo”. 

Il giorno dopo 

Ieri ho firmato davanti al notaio la vendita della mia farmacia. Era appartenuta alla mia famiglia per tre generazioni. In fondo al mio cuore non ero felice. Neppure le persone intorno a me esprimevano particolare felicità, semplicemente ognuno eseguiva il proprio compito. Ho cercato di aggrapparmi alle principali motivazioni che mi avevano portato lì: la stanchezza professionale dopo questi due anni di pandemia, il peso dell'impegno, la burocrazia, i dipendenti, la sofferenza delle persone. In un attimo, tutto è stato sostituito da un importo a 7 cifre sul mio conto corrente: una somma che mi consentirà da subito una bellissima vacanza e poi… chissà?

Passano i giorni, le settimane, i mesi

Prima la mia vita era indubbiamente invasa dalla professione. La lettura di nuove circolari, l'adozione di nuovi provvedimenti, l'attenzione a ogni dettaglio: ero diventato quasi monotematico. Come il resto del mondo, immagino.

Non so se per tutti la percezione della vita sia uguale, se alcuni stati psicologici si aggancino all’età, se a un certo punto non siamo più in grado di adattarci a troppi cambiamenti… non so. Sicuramente fare il farmacista in una nazione avanzata come l’Italia sia prima sia durante la pandemia è stato come una chiamata alle armi, senza molte alternative.  

Mi chiedo: se non fossi ancora nato e mi offrissero l’opportunità di una vita, come vorrei spenderla? Subito risponderei: in un modo nobile, vivendo intensamente ogni momento, cercando di lasciare ai miei figli a chi viene dopo di me alcune orme nella neve per poter proseguire il viaggio.  

La domanda che mi pongo è: non c'era nessuna alternativa? 

Possibile che non ci fosse altra possibilità? Erano così tanti, così facili, così logici, tutti quei soldi che mi hanno offerto. Ma oggi con cosa mi ritrovo? Sono un farmacista senza farmacia. È vero, posso ancora lavorare come dipendente: qualche amico farmacista titolare ce l'ho ancora. Sì, potrei farlo, ma poi di fronte al primo screzio, alla prima delusione, alla prima difficoltà, mi rifugerei nell'ozio dei miei soldi. Non sono più disponibile al grande sacrificio, alla fatica, al piegarmi, perché non ho più il bisogno. Scopro così che la mia passione legata al bisogno era un motore formidabile. La mia professione legata a degli allievi, a dei farmacisti più giovani, a dei colleghi, erano un costante confronto professionale. Oggi tutto questo mi manca. Mi rendo conto che se non leggessi, se non mi sforzassi di tenere allenata la mente, la pigrizia prenderebbe velocemente il dominio del resto dei miei giorni. 

Ho investito tutti quei soldi 

Il private banker della mia banca, i consulenti finanziari: tutti che mi riempivano di discorsi sulla gestione del risparmio, sulla differenziazione dell'investimento e del portafoglio, sui cicli economici, l'inflazione, la deflazione, la guerra, le materie prime, la politica, le decisioni della banca centrale. Da questo punto di vista, era più facile prima: meno soldi, tanto lavoro, e il commercialista che ti riduceva sempre le gioie di aver fatto un buon anno. 

Ora ho davanti a me una sorta di bilancia

Da una parte la farmacia con tutte le sue complicanze, dall’altra il denaro con il suo potere reale ed effimero allo stesso tempo. Effettivamente, il denaro è potenzialità: non si può bere né mangiare, non si può cavalcare, neppure ti può consolare. Il denaro è un’idea. È l’idea per cui tutti noi nel mondo occidentale ci alziamo la mattina e lavoriamo, è la convenzione della società capitalista, e anche di quella comunista. Il denaro è L’idea: la vita sociale dell’uomo ha bisogno del comune denominatore del denaro. Ma, dopotutto, rimane un MEZZO e non un FINE. 

Il mio obiettivo nella vita era fare bene ed intelligentemente il mio lavoro, senza dover massimizzare all’estremo il mio guadagno. Ero e sono certo che il denaro consegue ad un buon lavoro e così, alla lunga, premia di più. Questa è una delle poche certezze economiche della mia vita: un lavoro ben fatto, con intelligenza, è economicamente il migliore. 

Vado in bicicletta per la campagna questa mattina…

Molti concittadini mi salutano, si ricordano dei miei consigli, della mia presenza professionale.  Non riesco più a entrare nella mia farmacia, vado in quella a due paesi di distanza.  Quando l’amico e collega mi vede, capisce: capisce che ho molti soldi, ma anche nostalgia. 

Magari mi metto insieme a un collega e compriamo al 50% una piccola farmacia… 

…E se ci fosse un’alternativa? 

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